Intervista ad Ale D'AgostinoAmmetto di trovarmi in difficoltà, a parlare di Ale D’Agostino: perché è una mia cara amica e quindi rischierei di essere di parte e per la sua vulcanica personalità. Qualsiasi descrizione ne farei, risulterebbe inadeguata e limitativa nel descriverla.
Ammiro la sua energica, la capacità di portare avanti infiniti progetti negli ambiti più svariati. Detto questo, perché intervistarla su Quaz Art?
Perché Ale, anche se lo negherebbe a spada tratta, è una delle rare scrittrici di avanguardia, capace sia di
Fenomeno che nella Letteratura Italiana avviene secondo due modalità differenti: la prima, tipica dei pedanti, è l’elaborazione di lunghe e dotte riflessioni teoriche, capaci di schiantare con la propria dottrina chiunque abbia la sfortuna di incontrarle, che poi eventualmente, possono tradursi in obbrobri incomprensibili ai più, perché astratti e lontani dalla Vita. Insomma, esercizi di onanismo mentale spinto, tipo quello del Gruppo 63, per intenderci.
La seconda è quella di guardarsi intorno, cogliendo gli stimoli che il quotidiano, con le sue contraddizioni e mutamenti ci dona: lasciarli decantare, sezionarli e fonderli in un’armonia superiore.
E' la strada dei Pasolini, dei Gadda che Ale segue con impegno: la differenza è nell’oggetto del suo scrutare. Per i venerandi maestri degli Anni Sessanta e Settanta era l’Italia del Boom, della seconda industrializzazione, dove si tentava di integrare i vari dialetti in un linguaggio nazionale. In cui era la Televisione a creare sogni e visioni del Mondo.
Per D’Agostino, il Mondo da esplorare e su cui costruire il proprio linguaggio è quello del Web 2.0: i blog, i social network, le convergenze tra telefonia ed internet.
Un continuum virtuale che a differenza del Cyberpunk non crea immagini distopiche del Futuro, ma racconta il presente: lo stesso magma da cui trae ispirazione la Digital Art italiana che con l’immagine, invece che con la Parola, compie un’operazione analoga a quella di Ale
Chi sei, come ti descriveresti ad un estraneo?Sono difficilmente descrivibile (e comprensibile).
Quali eventi, nella tua vita, ti hanno resa ciò che sei?Scegliere di nascere nella mia famiglia, indubbiamente. Poi il mio autismo infantile. Ed ogni esperienza venuta dopo. Tutte.
Perchè scrivi? E' un dono o una maledizione?Scrivo per curare un dolore. E ci sono quasi riuscita. Una maledizione sarebbe, piuttosto, non scrivere.
Che cosa, nel tuo quotidiano, ti spinge a creare, sfidando il vuoto di una pagina?Osservo il mondo e ho bisogno di dire cose, di testimoniare gli istanti che altrimenti passerebbero inosservati.
Perché ti definisci scrittora?Perché non mi sento una scrittrice nel senso proprio del termine. Mi sento un'outsider, da sempre. Forse è stata questa la mia fortuna, la chance avuta per sopravvivere al mio passato. Scrittora è poi una crasi, se vogliamo, di scrittrice e di ora perché io scrivo del presente. Un presente che mi linka e mi riporta al passato, curandolo. Proprio come insegno ai miei allievi, nei miei laboratori di scrittura autobiografica.
Ti ho definito vulcanica, non a torto, visto che sei impegnata in miriadi di attività... Di tutti progetti che segui, quale ti da più soddisfazione? Dove trovi tutta la tua energia?Ogni cosa che faccio mi dà soddisfazione perché nasce da un mio bisogno di realizzare, concretizzare, utilizzare la scrittura in modo pragmatico, etico. Perché, senza arroganza, cerco di usare la scrittura per cambiare un poco l'angolo di visuale del mondo su alcuni temi..
E la mia energia la trovo nelle tasche ogni mattina che mi sveglio e ringrazio di esserci e questo mette in moto tutto il volano :)
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