Tutte le luci di PattiRacconto filosoficoLe luci, poste sotto le grandi palme che fungevano da ingresso ai lidi, sembravano promanare direttamente dalla sabbia per fondersi col marrone e col verde di quelle che sembravano lingue svettanti d'uccelli. L'estate, appena sbocciata e già in fiore, faceva il suo debutto in società sfoggiando il suo vestito migliore, fatto della stessa sostanza di miriadi di stelle, trapunto di mille e mille lumi a modellarne l'incanto notturno delle curve, trasparente al chiaro di Luna. Luna crescete che illuminava di un meraviglioso gioco di luce fiamminga Il golfo di Patti, sua pista da ballo; specchio d'acqua sul quale danzavano, e si riflettevano con lei, le minute e allineate compagne gialle di Capo Milazzo, le bianche Nebroidee dal passo irregolare, le spumeggianti e rubiconde delle lampare.
Più in là, sfumate, le amiche Eolie stavano a guardare, timide alla sera ma regine incontrastate di giorno, stagliandosi maestose prima dell'alta linea dell'orizzonte, sinuose e al contempo agili serpi d'acqua; la loro natura vulcanica, fatta di forme concave e convesse, creava un gioco chiaroscurale di luci ed ombre barocche tale che nemmeno l'impeto del Tirreno – se le sue acque fossero state agitate quella sera – avrebbe mai potuto domare. Era perplesso, frastornato da quel paesaggio che gli era sembrato sconosciuto; tutt'intorno a lui era un brulicare di suoni, canzoni stonate – come stonato si sentiva lui in quel contesto – che provenivano dal lido che aveva organizzato un Karaore, risate e commenti della gente ch stava assistendo allo spettacolo.
Tutto questo gli giungeva soffocato dal rumore frenetico delle macchine che transitavano sulla strada principale, mentre in sottofondo, proveniente da una bancarella lì nei paraggi, arrivava il suono dolce e malinconico di un violino suonato da un peruviano. Per un attimo la sua mente si concentrò su quel fioco suono e, come per magia, tutti gli altri rumori e le voci scomparvero, mentre ciò che era stato un sottofondo si trasformava in un assolo dirompente di ottave ascendenti e discendenti. Quella musica non apparteneva a quel luogo, non apparteneva a lui come non apparteneva a tutte quelle persone che, forse, non l'avevano neanche notata, era fuori posto anch'essa come lui… ma lei era lì per far danzare l'Estate, lui invece si sentiva come un leone in gabbia, non aveva il senso delle ottave, non era un violino, era un uomo.
Al chiaro di Luna,
Da lontano si udivano sparuti campanacci di greggi al pascolo, d'intorno, sui rami, sfrigolio di foglie e cinguettio di rosignoli suonavan come archi diretti da una sapiente mano, il tutto chiosato dall'eco mista di onde e stormir di gabbiani che dai laghetti risalivan la rocca dando finanche all'osservatore meno virtuoso la sublime sensazione di volargli di sopra. Moretti si sentì quasi svenire e gli sovvenne un ricordo chissà da quali reconditi angoli della mente: "Se avrai fatto volare la terra al di sopra della tua testa, con le sue penne tramuterai in pietra le acque dei torrenti". Poi apparve lei, l'Estate, bellissima, chiara dai grandi occhi castani, viso dolce e senza trucco, lunga gonna verde e candida maglietta di cotone leggerissima, una civetta la osservava sconcerta. Lui la vide, si smarrì e svenne.
DIAMETER SPHERAE THAU CIRCULI CRUX ORBIS NON ORBIS PROSUNT 01/10/2011 Armando di Carlo |
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